Il segreto per assaporare al meglio il vero bicerin è non mescolarlo, lasciando che le sue varie componenti si fondano fra di loro direttamente sul palato, con le loro differenti densità, temperature e sapori.
Per ottenere un buon bicerin non è sufficiente unire i tre ingredienti base – caffè, cioccolata e crema di latte -: sono fondamentali le migliori materie prime e tanta pazienza. La nostra cioccolata – preparata con cacao selezionati di agricoltura sostenibile di Costa d’Avorio, Ghana, Camerun, Brasile e Indonesia – cuoce lentamente per ore in particolari pentole di rame per avere un basso punto di acidità e aromi integri; anche il caffè è speciale: per rispettare la ricetta originale è necessario che abbia quella certa liquidità (un tempo non esistevano le macchine per l’espresso) che si ottiene solo con miscele leggere ed aromatiche.
La storica bevanda torinese è nata proprio in questo locale, che da allora ne porta il nome e che ne conserva gelosamente la ricetta originale, la quale viene tramandata di generazione in generazione in grande riservatezza. Il bicerin nasce come evoluzione della settecentesca bavareisa, una bevanda allora di gran moda che veniva servita in grossi bicchieri e che era fatta di caffè, cioccolato, latte e sciroppo. Il rituale del bicerin prevedeva all’inizio che i tre ingredienti fossero serviti separatamente, ma già nell’Ottocento vengono riuniti in un unico bicchiere e declinati in tre varianti: pur e fiur (simile all’odierno cappuccino), pur e barba (caffè e cioccolato), ‘n poc ‘d tut (ovvero “un po’ di tutto”), con tutti e tre gli ingredienti. Quest’ultima formula fu quella di maggiore successo e finì per prevalere sulle altre, arrivando integra ed originale ai nostri giorni e prendendo il nome dai piccoli bicchieri senza manico in cui veniva servita (bicerin, appunto). La bevanda si diffuse anche negli altri locali della città, diventandone addirittura uno dei simboli di Torino. Stefani-Mondo scrive: “…è la bibita prediletta della mattina: ministri, magistrati, professori, negozianti, fattorini, cestaie, venditori e venditrici ambulanti, campagnuoli ecc, tutti spendono volentieri i loro tre soldi per rifocillarsi economicamente lo stomaco”. Il prezzo di tre soldi, cioè 15 centesimi di lira, venne mantenuto dalla metà dell’Ottocento fino al 5 dicembre del 1913, quando passò a 20. “…per venti soli centesimi si aveva il classico bicchierino che costituisce un nutritivo spuntino…”. Nel 2001 il bicerin è stato riconosciuto come “bevanda tradizionale piemontese” con pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte.
Maritè serve il bicerin in grossi bicchieri di cristallo, al lume di candela. Gli ingredienti sono semplici, ma segrete le dosi: cioccolato fatto in casa, caffè e fior di latte. Il risultato è sublime, fondendosi il bollente della cioccolata con il marcato sapore del caffè e la delicata schiuma raffreddata del fior di latte.
(Mario Bussoni – Verde oggi)
Va detto che l’omonima bevanda viene qui servita a un tale livello di bontà che non pochi clienti sarebbero disposti a venire accolti dal fuoco di sbarramento delle mitragliatrici, pur di procurarsene un calice. Da notare il soffitto (basso) e il pavimento (scricchiolante), nonché le vetrinette che espongono pezzi di cioccolata come se si trattasse di opere d’arte (in effetti, lo sono).
(Giuseppe Culicchia – Enciclopedia dei luoghi comuni, La Stampa)